Cari genitori, in questo articolo cercherò di raccontarvi in parole semplici come funziona il nostro sistema immunitario. Ogni genitore non vorrebbe mai vedere il proprio figlio ammalarsi, ma prima o poi il nostro pargolo inizia a frequentare una comunità scolastica ed è soprattutto in questo momento che ci accorgiamo di quante malattie esistano!
Cerchiamo di capire insieme come questo accada, ma soprattutto come noi tutti riusciamo (per fortuna!) a guarire.
Inizierò questo articolo raccontandovi di due medici che, armati solo dei loro occhi e della loro intelligenza, hanno cambiato per sempre il nostro modo di vivere.
Il primo si chiamava Edward Jenner (per i lettori milanesi… sì, proprio quello di viale “Ienner” anche se dovremmo dire “Genner”). Il nostro amico Edoardo nel 1801 si rese conto che vaccinare le persone con il virus del vaiolo che colpisce le mucche riusciva a proteggere le persone dal vaiolo umano. In realtà si trattava anche un po’ di saggezza popolare: i mungitori di mucche che avevano contratto alle mani il virus del vaiolo vaccino sapevano di essere in qualche modo protetti dal vaiolo umano. Jenner sperimentò (anche sul suo figlioletto!) la vaccinazione con il virus bovino e ne testò in modo rigoroso l’efficacia.
Prima dell’idea di Jenner, le persone venivano “variolizzate” ovvero gli veniva inoculato un piccolo quantitativo di pus preso da una persona infetta. Questa pratica, lo capite da voi, non era priva di rischi, poiché le persone rischiavano di sviluppare la malattia vera e propria. Invece grazie all’intuizione di Jenner si riuscì finalmente a ottenere l’immunità voluta, senza però incorrere nel rischio di ammalarsi. Quindi grazie a una mucca… vacca… Vaccino!!!!! Il vaccino è stato poi migliorato negli anni ed è stato inoculato a tutte le persone del mondo nate prima del 1977, lasciando un segno particolare (da piccola lo accarezzavo sempre sul braccio di mia madre). Grazie alla vaccinazione, il virus del vaiolo è stato completamente eradicato e debellato.
Il secondo medico di cui vi voglio parlare è un vero benefattore dell’umanità: Jonas Salk. Finanziato dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt, costretto sulla sedia a rotelle, e da una grossa raccolta di fondi popolare, Salk sviluppò nel 1953 il vaccino per la poliomielite, utilizzando per la prima volta un virus inattivato (cioè ucciso) ottenendo comunque una buona immunizzazione. Anche se comunque in seguito Albert Sabin sviluppò un vaccino ancor più efficace (che veniva somministrato oralmente su una zolletta di zucchero), la storia di Salk resta notevole. Salk usò come cavie umane se stesso, la moglie, i figli. Quando un giornalista gli chiese chi possedesse il brevetto per il vaccino contro la poliomielite rispose: “Beh, la gente, direi. Non c’è un brevetto. Puoi brevettare il sole?”.
Ma perché vaccinarci con un virus ”ucciso” riesce comunque a garantirci l’immunità verso una malattia, come se la avessimo avuta e ne fossimo miracolosamente guariti? Tutto questo avviene perché il nostro sistema immunitario non reagisce ai microbi interi, bensì reagisce a singoli pezzettini di microbi (pertanto anche uccisi), ma soprattutto perché esiste la “memoria immunologica”, che ci permette di non riammalarci due volte della stessa malattia. Con una nuova infezione però il nostro sistema immunitario deve ricominciare tutto da capo. Ogni giorno, sul bus, in metropolitana, al lavoro… veniamo in contatto con tantissimi germi. Le vaccinazioni aumentano il numero di patogeni (germi, microbi) verso cui abbiamo memoria immunologica, ma ovviamente non abbiamo memoria dei germi che non abbiamo mai incontrato. La costruzione della memoria immunologica, prodotta dalla parte del sistema immunitario denominata “immunità adattativa”, richiede del tempo; ma per fortuna abbiamo anche la “immunità innata”, la quale è sempre attiva e ci protegge mentre l’immunità adattativa, più lenta ma più specifica, si attiva.
Le cellule protagoniste della nostra storia sono i globuli bianchi o leucociti. Essi si trovano nel sangue, ma anche ovunque il nostro corpo possa venire a contatto col mondo esterno, cioè bocca, naso, polmoni, intestino, nonché in organi specializzati per lo sviluppo delle risposte immunitarie, cioè i linfonodi e la milza.
I leucociti sono di tipi molto diversi e hanno il compito di bloccare le infezioni. I leucociti dell’immunità innata (macrofagi, cellule dendritiche, granulociti, neutrofili) individuano i patogeni riconoscendo sulla loro superficie delle molecole che sono comuni a molti tipi di patogeni, ma non sono presenti sulle nostre cellule umane. I leucociti, messi così in allarme, si attivano e cominciano a combattere l’infezione, rilasciano delle sostanze che vanno ad attivare l’intero sistema immunitario e inoltre sanno “inghiottire” i patogeni tramite un processo chiamato fagocitosi. I patogeni fagocitati, mangiati dai leucociti, vengono digeriti in piccolissimi pezzettini. Ognuno di questi pezzetti viene poi esposto (in gergo tecnico “presentato”) sulla superficie del leucocita dell’immunità innata (tipicamente una cellula dendritica), che nel frattempo si è messo in viaggio dal luogo dell’infezione verso il linfonodo più vicino.
Nei linfonodi avviene il passaggio del testimone, dall’immunità innata a quella adattativa. Infatti il pezzettino esposto va ad attivare i leucociti dell’immunità adattativa, detti linfociti. I linfociti sono cellule particolarissime, poiché sono ognuna diversa dall’altra e caratterizzate da un recettore diverso, ovvero una molecola capace di attaccarsi a un frammento di patogeno, come se fossero due pezzi di un puzzle: solo il recettore giusto potrà attaccarsi a quel determinato pezzetto di patogeno. La produzione di questo specifico recettore avviene tramite un processo quasi casuale di taglia-cuci del DNA della cellula. In questo modo si calcola che vengano prodotti più di 100 miliardi di recettori diversi; nel corso della nostra vita: molti di loro non incontreranno mai il pezzo di puzzle corrispondente (cioè il frammento di patogeno), ma questo significa che siamo virtualmente armati per combattere qualunque tipo di infezione.
I linfociti “vergini” che sono stati attivati nel linfonodo, migrano verso il sito dell’infezione, percorrendo a ritroso la strada percorsa dalla cellula dendritica. Questa ha infatti lasciato lungo la strada delle sostanze dette citochine e chemochine (un po’ come avrebbe fatto Pollicino), in modo che il linfocita sappia dove deve andare a combattere.
I linfociti si dividono in due grandi categorie: i linfociti B e i linfociti T. I recettori dei linfociti B sono gli anticorpi (di cui avete sicuramente sentito parlare), che possono anche essere rilasciati in circolo dal linfocita B. Una volta secreti, gli anticorpi vanno ad appiccicarsi direttamente sui patogeni corrispondenti. Nel caso dei batteri, riescono a bloccare l’azione delle tossine rilasciate dai batteri stessi. Inoltre, fanno da “segnalini” che chiamano cellule dell’immunità innata come i macrofagi che così mangeranno i batteri ricoperti di anticorpi. Nel caso dei virus, invece, vi si appiccicano e impediscono che essi penetrino nelle nostre cellule. Ciò risulta di fondamentale importanza perché i virus sono come dei piccoli parassiti incapaci di riprodursi autonomamente, quindi sfruttano la “fabbrica” di proteine presente nella cellula umana ospite per riprodursi. Bloccando quindi l’ingresso nella cellula, si blocca anche l’infezione.
I linfociti T, invece, hanno un recettore chiamato TCR (T-cell receptor), anch’esso specifico come il pezzo di un puzzle per un frammento di patogeno, ma con la particolarità di saper riconoscere anche la “cornice” in cui il pezzettino di patogeno viene esposto. Questa cornice si chiama complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) e ognuno di noi ne ha uno tutto suo; ad esempio, se trapiantiamo un organo da un donatore che ha un MHC diverso da quello del ricevente questo causerebbe un’attivazione spropositata del sistema immunitario, il quale capirebbe che quell’organo viene da un altro individuo e lo vedrebbe come qualcosa di alieno, distruggendolo (è quello che succede purtroppo quando un trapianto viene “rigettato”). Proprio per questo motivo quando si fa un trapianto, bisogna cercare un donatore compatibile che abbia un MHC il più simile possibile a quello del ricevente.
Tutte le nostre cellule usano l’MHC per esporre sulla superficie della cellula dei pezzettini di tutte le proteine che la cellula sta producendo in quel momento. Se la cellula è stata infettata, per esempio da un virus, butterà fuori anche dei pezzettini di proteine virali. Se invece la cellula è diventata tumorale, butterà fuori pezzettini di proteine mutate dalla trasformazione tumorale. In entrambi i casi, i linfociti T potranno riconoscere i pezzettini “strani” e capire che quella cellula va distrutta. Questa operazione verrà completata dai linfociti T detti citotossici, che come dei killer sparano e bucano la cellula infetta o tumorale, uccidendola.
Esiste poi un’altra categoria di linfociti T, detti helper (aiutanti) che sanno potenziare e migliorare le risposte sia dei linfociti T citotossici che dei linfociti B. Infatti, quando i linfociti (sia B che T) si attivano perché hanno trovato il loro pezzettino di patogeno, proliferano moltissimo e mediante duplicazione cellulare diventano numerosissimi, combattono l’infezione e poi diminuiscono naturalmente. Non spariscono del tutto però, infatti restano in circolo alcuni linfociti, detti di memoria, che in caso di nuova infezione riescono ad agire rapidamente espandendosi di nuovo. Ciò evita che ci sia bisogno di ripetere tutto il processo appena descritto, in cui la cellula dendritica fagocita il patogeno, migra fino al linfonodo, attiva i linfociti e questi ritornano al sito di infezione (processo che richiede qualche giorno). Così se incontriamo ancora la stessa malattia nel corso della nostra vita quasi non ce ne accorgiamo, poiché l’immunità adattativa riesce immediatamente a debellarla grazie ai linfociti e non c’è bisogno che l’immunità innata tamponi il colpo per qualche giorno come succede alla prima infezione. Infatti i sintomi tipici di quando stiamo male, come ad esempio la febbre, sono causati dall’immunità innata che combatte come può l’infezione: l’innalzamento di temperatura inibisce la propagazione dei patogeni.
Abbiamo detto che la produzione dei recettori dei linfociti avviene grazie a un processo “casuale” di taglia-cuci del DNA. Essendo casuale, come può produrre solo recettori appositi per i patogeni e non anche per molecole normali del nostro corpo? In effetti vengono prodotti anch’essi, ma i linfociti che li esprimono vengono eliminati tramite un processo di controllo chiamato selezione. Ogni tanto però qualche linfocita malvagio che attacca il nostro stesso corpo sfugge a questo controllo, dando luogo alle cosiddette malattie autoimmunitarie, come il lupus, la psoriasi, l’artrite reumatoide, il diabete giovanile, le tiroiditi e molte altre.
Ci sono casi in cui il nostro sistema immunitario avrebbe la capacità di debellare le malattie ma non ci riesce: un esempio é il cancro, il quale purtroppo è capace di spegnere il sistema immunitario sfuggendogli. Tuttavia si calcola che il nostro sistema immunitario distrugga una nuova cellula tumorale ogni giorno, facendo sì che non tutti ci ammaliamo di cancro!
La scommessa della branca dell’immunologia che si chiama immunoterapia del cancro è proprio quella di capire come riattivare il sistema immunitario una volta che il tumore lo ha spento, visto che avrebbe tutti i mezzi per combattere il tumore dall’interno.
Spero di avervi fornito una piccola infarinatura di come funziona il nostro sistema immunitario.
Quando vostro figlio ha la febbre, ricordatevi che la sua immunità innata lo sta difendendo. Se vedete del pus nel ginocchio di vostro figlio, sappiate che è fatto di macrofagi che si sono immolati fagocitando microbi per proteggere il vostro bambino. Se avete vaccinato vostra figlia e non si ammala di una malattia che gira a scuola, rammentate che è perché il suo sistema immunitario ha prodotto dei linfociti di memoria che ricordano quella malattia e sanno combatterla fin dall’inizio.
Il sistema immunitario è davvero un alleato fondamentale per la nostra salute!
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